CALIXTO RAMÍREZ Dicen que dicen

November 21, 2019

Dal 19 al 27 Novembre – Galleria Alessandra Bonomo


“Dicen que dicen (2014) is an action recorded in video lasting barely thirty-one seconds, where the frame contains a stage produced by the evident stillness that results from the chromatic cut between a cool color (the sky) and a warm one (the sand). This composition is violently shattered by a body running away from something—no one knows exactly from what or why. At the end, the body falls.
The micro-action of the fall is a metaphor to talk about a context that continuously forces risky escape; it could be that of drug trafficking in Mexico, in Italy or in Morocco, where I made this video. Dicen que dicen relates to the impossibility of knowing what really happened. The interpretation of the geographical dislocation in relation to the gesture
situates us in a non-place, at the same time that it augments the level of confusion in which we find ourselves.”

Calixto Ramirez (Reynosa Tamaulipas, 1980) Vive e lavora tra il Messico e l’Europa. Ha studiato Arti visive presso la Scuola Nazionale di Pittura, Scultura e Incisione La Esmeralda nel periodo 2004-2008. Nel 2007 ha ottenuto uno scambio con l’Università Nazionale della Colombia. Nel 2009 ha studiato con il maestro Jannis Kounellis dal quale nel 2013 è stato invitato in Italia, dove è rimasto fino al 2018. Ha esposto individualmente in Messico – presso il Museo di Città del Messico, il Museo di Arte Contemporanea Carrillo Gil, Scuola Superiore di Musica e Danza di Monterrey e la galleria Yautepec – in Italia presso il Museo del ‘900 Castel Sant’Elmo, nonché gli Stati Uniti, l’Austria, la Croazia e la Francia. Ha partecipato a mostre collettive in Messico – tra cui il Palacio de Bellas
Artes e Museo di Arte Moderna – così come in Argentina, Austria, Belgio, Colombia Francia, Germania, Grecia, Olanda, Italia, Slovenia, Spagna, U.S.A e Uruguay. Nel 2018 è stato selezionato per il Talent Prize (Insideart), nel 2015 è stato vincitore del premio Livello 0 in Art Verona e residente a Casa Wabi, Oaxaca, in Messico. Nel 2009 è stato selezionato nel programma di residenza di Fundación Marcelino Botín in Spagna e ha vinto il premio Jóvenes Creadores da Tamaulipas, México. Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private in Spagna, Italia, Messico, Croazia e Stati Uniti.

Il lavoro di Calixto Ramírez si colloca in una linea di confine tra gioco e pericolo. L’artista sembra mettere a repentaglio la propria incolumità in imprese del tutto prive di utilità; ed è proprio questa tensione tra rischio e futilità a conferire alle sue performance un carattere grottesco e ironico. La produzione di Ramírez può essere letta come un tentativo di scoperta del mondo attraverso lo “strumento” principale di cui dispone: il proprio corpo. È il corpo la misura della realtà circostante, il mezzo di cui l’artista si serve per le sue performance, concepite come vere e proprie esplorazioni sul paesaggio e dello spazio della città. Esplorazioni che comportano cadute, accidenti, incontri inaspettati. Il corpo diventa un elemento con cui fendere il paesaggio e sul quale, a sua volta, il
paesaggio può lasciare una traccia.

Saverio Verini, 2016

La strategia cognitiva e poetica adottata dall’artista, anche fisicamente, è la versione vivente dell’Homme chi marche di Giacometti, con la sua figura smilza e slanciate tendente all’elevazione spirituale, prevede il nomadismo, il vagabondaggio e l’attraversamento casuale dei luoghi in cui è chiamato a esporre. Il nomadismo è già alla base un elemento strutturante e fondante, per un artista messicano che ha vissuto in Italia, e che ha nel suo bagaglio culturale e formativo sia le esperienze americane (nord e latinoamericane) sia quelle europee.
Ramírez si insinua tra le pieghe delle ore dei giorni, il suo corpo si trasforma nella città / paesaggio che lo ospita, e la restituisce agli occhi di tutti. All’occhio di chi comprende.

Gaetano Centrone, 2018